The Sinner – il thriller antologico in stile whydunit

Una serie che merita di essere recuperata è sicuramente The Sinner che avevo messo nella mia lista Netflix e che ho recuperato nel giro di 4 giorni – 8 episodi la prima stagione e 8 la seconda – , da quanto è avvincente. Si tratta di una serie thriller antologica – quindi ogni stagione ha al centro una storia ed un caso diversi – la cui prima stagione è tratta dal libro omonimo di Petra Hammesfahr.

Per ora possiamo vedere su Netflix solo le prime 2 stagioni mentre la terza – negli USA è andata già in onda a febbraio 2020, in Italia il Covid-19 ne ha rallentato il doppiaggio, ed è andata in onda sul canale Premium Crime a settembre 2020 – ancora non si sa quando sarà disponibile sulla piattaforma insieme alle altre due.

Il genere è thiller psicologico e utilizza l’espediente narrativo whydunit o whydunnit: sappiamo già chi è il colpevole, lo vediamo subito commettere il crimine, ma la domanda che ci attanaglia e attorno al quale ruota ogni stagione è il perché, perché lo ha fatto? Cosa lo ha spinto ad uccidere quella persona?

Il titolo, che in italiano sarebbe Il peccatore, ha un certo riferimento religioso, una sorta di richiamo ad una morale scritta, ma che in un certo senso fa parte anche dello stesso peccatore, che però funge da inibizione, condizionamento, fa parte di loro nel bene o nel male.

La sigla invece è già un chiaro riferimento alla matrice psicologica della serie, perché vediamo scorrere immagini che somigliano al test delle macchie di Rorschach che poi, come nell’immagine qui sotto, vanno a formare il ritratto del volto del protagonista/peccatore. Brevemente, il test di Rorschach è utilizzato in psicologia e psichiatria per indagare e capire che personalità ha il soggetto analizzandone il tipo di disagio affettivo, il pensiero, la sua lettura della realtà grazie a delle tavole che hanno delle macchie nere simmetriche. E in un certo senso è questo ciò che cerca di fare il detective Harry Ambrose, l’unico personaggio ricorrente nelle stagioni e che ha anche lui le sue luci e ombre.

Ma andiamo a vedere quali sono le storie al centro della prima e della seconda stagione.

Poster stagione 1 The sinner

STAGIONE 1 – CORA

Tutti sanno che è stata lei, ma nessuno sa perché

La protagonista di questa stagione è Cora Lacey (Jessica Biel), giovane donna, sposata con Mason Tannetti (Christopher Abbott) e con un figlio piccolo, Laine.

Sono giorni in cui Cora è strana, distante anche con il marito. Così decidono di prendersi una giornata in famiglia e di passarla tutti e tre al mare. Ma basta una canzone, Hugging and Kissing, e un nome, Frankie Belmont, sentiti sulla spiaggia, per risvegliare in Cora ricordi e traumi nascosti che riaffiorano in un impeto di rabbia omicida. Il coltello utilizzato per sbucciare la frutta al figlio improvvisamente diventa un’arma per trafiggere sette volte Frankie Belmont, il quale muore sotto gli occhi dei suoi amici e della famiglia Tannetti. Accade tutto rapidamente e in maniera inspiegabile. Cora viene arrestata e si dichiara colpevole, ma nemmeno lei riesce a a capire cosa sia scattato in lei. L’unico che vuole vederci chiaro è il detective Harry Ambrose (Bill Pullman), che crede ci sia molto di più da scoprire ed empatizza con Cora, forse rivedendo in lei traumi suoi non meglio spiegati.

Grazie alla tecnica dell’ipnosi, ad opera di una psicologa, veniamo trasportati nei ricordi e nelle ferite dell’animo di Cora: un’infanzia vissuta in una famiglia in cui la madre utilizza la religione e il peccato come strumenti di potere su lei, una sorella nata con una malattia rara, di cui la madre trova comunque il modo di incolparla, un padre assente e fedifrago. Mi sarei meravigliata se Cora non avesse avuto traumi con un background famigliare così tossico.

L’ipnosi ha funzione catartica per Cora e l’aiuta a ricordare ciò che aveva in parte rimosso o rielaborato e tra un flashback e l’altro riusciamo finalmente a ricomporre i pezzi del puzzle insieme a lei e da colpevole capiremo che è vittima di non pochi soprusi.

Poster stagione 2 The Sinner

STAGIONE 2 – JULIAN

I peccati di un bambino non sono mai solo i suoi

Il protagonista della seconda stagione è, invece, Julian Walker (Elisha Henig), un bambino di appena 13 anni. È insieme a Bess (Ellen Adair) e Adam (Adam David Thompson) e stanno andando in macchina a visitare le cascate del Niagara. Sembra una gita di famiglia, così crede anche Julian, ma non lo è. Dei problemi all’auto interrompono il loro viaggio e sono costretti a fermarsi una notte in un motel in attesa dell’arrivo del meccanico il giorno dopo. Julian li sente parlare bisbigliare, capisce che qualcosa non va. Il giorno dopo decide di preparare loro del tè, che però si rivelerà letale. Li ha avvelenati con fiori di stramonio.

Ci troviamo a Keller, una cittadina a nord di New York, dove il detective Harry Ambrose è nato e cresciuto ma che poi ha lasciato in età adulta. Vi fa ritorno dopo 15 anni perché la giovane detective Heather Novack (Natalie Paul), figlia di un vecchio amico Harry, chiede il suo supporto per questo omicidio, dato che ha letto della sua indagine condotta con successo del caso di Cora Tannetti.

Nella scoperta delle ragioni che hanno portato Julian ad uccidere Bessie ed Adam, diversi sono i flashback che aggiungono pezzi al puzzle di tre storie: quella di Julian, quella di Heather e quella di Harry. Scopriamo che Julian è nato e cresciuto all’interno di Mosswood Grove, una setta o comune, non si sa esattamente come definirla, fondata dallo psichiatra Lionel Jeffries, che si fa chiamare “The Beacon”, affiancato da Vera Walker (Carrie Coon). All’interno di questa comunità ai margini di Keller le persone vivono in mezzo alla natura – il che spiega come Julian conoscesse lo stamonio – e si liberano delle loro frustrazioni e di ciò che li fa soffrire nella vita reale in modi alquanto inusuali: adorano una una sorta di monolite all’interno di un capannone e tirano fuori la parte oscura di loro anche con violenza verso gli altri membri. Dal cognome di Vera avrete intuito che c’è un legame con Julian: lei sulla carta e anche nei fatti è la madre di Julian, se ne prende cura fin dalla nascita e lo protegge, ma biologicamente la madre è Marin Calhoun (Hannah Gross). E con quest’ultima si aggiunge un pezzo della storia di Heather, la quale era sua amica, anzi aveva una cotta per lei e si incolpa della sua scomparsa e della sua decisione di unirsi a Mosswood Grove. Marin era sempre a casa sua ed era anche ben voluta dal padre di Heather, Jack Novak (Tracy Letts), peccato che proprio quest’ultimo ne tradisce la fiducia. E con Jack si aggiunge un tassello della storia di Harry, perché i due sono vecchi amici di infanzia, infanzia che Ambrose preferiva dimenticare, dato che lo riporta ad un brutto incidente con sua madre, che purtroppo soffriva di depressione.

Insomma, a Keller tutti sanno, ma nessuno dice niente perché tutti hanno degli interessi, dipingono Mosswood Grove come un covo di folli, ma in realtà ci sono tutti invischiati in un modo o nell’altro, ma fanno finta di niente.

Entrambe le stagioni sono veramente avvincenti, ti tengono incollato allo schermo e mi sono piaciute molto, tant’è che le ho divorate. Ricordando che solo la prima stagione è ispirata al libro di Petra Hammesfhar, è quella che mi è sembrata più centrata sul soggetto, Cora, sul perché avesse commesso l’omicidio, anche indagando il suo passato che comunque ha prodotto la persona che è nel presente, nel bene e nel male. La seconda – non mi è chiaro se è stata scritta insieme o col supporto della scrittrice del libro – invece ha una trama che coinvolge diversi personaggi, collegati più o meno con Julian e con le motivazioni dell’omicidio. Il suo caso praticamente è l’origine di una serie di interrogativi: chi è Julian? Chi sono Bess ed Adam? Cos’è Mosswood Grove? Chi ne fa parte? Cos’ha allontanato Harry Ambrose da Keller? Chi è Heather Novack? E la stagione risponde bene ad ognuna di queste domande, tenendoci appesi fino alla fine e permettendoci di empatizzare con ogni personaggio un passo alla volta, anche con Vera, che all’inizio sembra l’antagonista ma che alla fine capiamo abbia sempre agito nel bene di Julian.

Il background familiare, la filosofia o religione e i valori con cui si viene cresciuti sono indubbiamente decisivi nel determinare chi si diventerà e nei casi di Cora e Julian è chiaro come realtà malsane abbiano sicuramente compromesso il loro equilibrio e la loro capacità di relazionarsi con il mondo reale. La storia di Cora è interessante e forse più verosimile, con cui molte donne, in un modo o nell’altro, possono empatizzare e ritrovarcisi (il tabù del sesso inculcato dalla religione, il peccato, la violenza, la droga). Quella di Julian è sì un caso su mille, seppur comunque le sette esistano anche nella realtà purtroppo, ma la narrazione è molto più elaborata perché racconta i diversi personaggi e come la loro storia sia legata alla setta.

Personalmente credo che la seconda stagione sia quasi migliore della prima per quanto le singole storie tengano sulle spine e come poi alla fine si ritrovino tutte intrecciate. Il colpo di scena in entrambe le stagioni è veramente sorprendente – forse nella seconda un po’ di più – ma è incredibile come il colpevole all’inizio e alla fine si scopra vittima per una serie di motivi. E poi il peccatore in ogni stagione per un motivo o per l’altro, possono essere diversi personaggi, non solo il protagonista, ragionando con un’ottica religiosa e talvolta bigotta – ad esempio anche Heather che è dichiaratamente lesbica o Harry per le sue fantasie sessuali o l’incidente con la madre.

Se siete amanti del genere ma anche se non avete mai visto thriller psicologici, Io ve la consiglio, non ne rimarrete delusi, anzi.

In attesa della terza stagione disponibile su Netflix – dai pareri letti qua e là, pare non regga il confronto con le precedenti – fatemi sapere se l’avete già vista o se la recupererete qui nei commenti. Vi è piaciuta? Quale stagione avete preferito?

Alla prossima recensione.

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